Il cambiamento climatico immortalato da Davide Monteleone
Davide Monteleone (1974) è un fotografo, ricercatore e National Geographic Fellow il cui lavoro abbraccia la creazione di immagini, il giornalismo visivo, la scrittura e altre discipline. I temi ricorrenti includono geopolitica, geografia, identità, dati e tecnologia.
Collaboratore regolare di riviste come Time, National Geographic e The New Yorker, il lavoro di Davide Monteleone è stato presentato sotto forma di mostre e installazioni in gallerie e
musei, tra cui la Saatchi Gallery di Londra, il Nobel Peace Center di Oslo, il MEP di Parigi, il Palazzo delle Esposizioni di Roma e altre sedi.
Una selezione dei riconoscimenti di Monteleone include il National Geographic Fellowship (2019), l’Asia Society Fellowship (2016), il Carmignac Photojournalism Award (2013), l’EPEA Award (2012), l’European Publisher Award (2011) e diversi World Press Photo.
In possesso di un Master in Arte e Politica della Goldsmiths University di Londra, Monteleone è interessato al ruolo teorico e all’uso delle immagini tecniche nella società ed è attivo come curatore e educatore per numerose istituzioni pubbliche e private.
River Ob, 2017
Yamal, Russia, 2017. Paesaggio sul fiume Ob. Questa zona ospita i Nenets, una comunità di pastori nomadi che vivono e lavorano nella remota tundra russa. Lo stile di vita e la sopravvivenza dei Nenets sono seriamente minacciati dal cambiamento climatico, poiché lo scioglimento del permafrost sta cambiando la morfologia di questo territorio e sconvolgendo un ecosistema già fragile.
Alps 1991, 2021
Henan #003, 2021
Queste immagini fanno parte di un progetto a più livelli che riunisce approcci visivi elaborati per fornire una narrazione scientifica e tuttavia comprensibile dei processi causa-effetto del cambiamento climatico. Studi passati hanno scoperto che c’è un divario essenziale tra la percezione pubblica e quella degli esperti del rischio del cambiamento climatico. Ciò è principalmente motivato dalla difficoltà di inquadrare il cambiamento climatico allʼinterno della percezione temporale o dellʼesperienza spaziale dellʼuomo.
Il progetto mira a colmare questo divario “comprimendo” visivamente l’arco temporale dei fenomeni climatici in una narrazione più leggibile.
Aralsk #2, 2017
Aralsk, Kazakistan, 2017. La scomparsa del Mare d’Aral è iniziata nel 1960, quando l’Unione Sovietica ha deviato i fiumi che sfociano nel mare a scopo di irrigazione per coltivare soprattutto cotone, ma anche cereali, meloni e riso.
Una volta una vivace città portuale, la città ha perso completamente il suo accesso al mare 25 anni fa. Mentre il lungomare si trovava a circa 62 miglia dalla riva di Aral, ora è a sole 16 miglia.
Questa immagine fa parte di una più ampia indagine visiva guidata dai dati, “Sinomocene”, che prende spunto dalla documentazione dell’iniziativa cinese nota come “Belt and Road””, concentrandosi sull’impatto sociale e ambientale dei grandi movimenti di capitali legati a strategie geopolitiche.